Appalti, il Governo ripristina la responsabilità solidale

Foto a.affleck rilasciata sotto licenza cc

(estratto dell'articolo a firma Alessandra Marra pubblicato su http://www.edilportale.com)

Il Decreto Legge 25/2017 approvato ristabilisce un’uguale responsabilità (responsabilità solidale), tra committente e appaltatore nei confronti dei lavoratori edili: il committente sarà chiamato a rispondere per eventuali violazioni compiute dall’impresa appaltatrice nei confronti del lavoratore. Di conseguenza, l’azienda che appalta sarà tenuta a esercitare un controllo più rigoroso su quella a cui affida un appalto. Sarà, quindi, abrogata la norma del Dlgs 276/2003 che da un lato disciplinava la facoltà per la contrattazione collettiva nazionale di derogare alle previsioni normative in materia di solidarietà, dall’altro prevedeva un meccanismo processuale che consentiva al committente di invocare il beneficio della preventiva escussione del debitore principale.

Responsabilità solidale: commento negativo dalle imprese

Giudizio negativo dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance) che considera un errore tornare alle vecchie norme. Secondo il Presidente Gabriele Buia, infatti, la normativa attuale “non riduce in nessun modo le garanzie a favore dei lavoratori. Anzi rafforza la competenza delle parti sociali nell’individuare in sede contrattuale strumenti più rigorosi di controllo”. Inoltre per Ance l’abrogazione dell’obbligo di chiamare in causa tutte le imprese coinvolte nel vincolo di solidarietà lede il diritto delle imprese regolari e corrette di conoscere da subito l’avvio di eventuali azioni giudiziarie, a tutela anche dei lavoratori. Viene anche soppresso il principio della “preventiva escussione del debitore principale”, penalizzando ulteriormente tutte le imprese della filiera produttiva e non direttamente il debitore principale, che in questo modo viene di fatto ulteriormente deresponsabilizzato. “In attesa di conoscere nel dettaglio le nuove norme ritengo comunque che sia stato fatto un passo indietro che danneggia le imprese corrette, spina dorsale del tessuto economico del nostro Paese. Il problema si doveva risolvere nell’ambito delle politiche contrattuali e attraverso il dialogo sindacato-imprese, come l’Ance chiedeva da tempo alle organizzazioni sindacali. Stando così le cose, sarebbe stato meglio andare al referendum” ha sottolineato Buia.

 

Foto di a.affleck rilasciata sotto licenza cc