Via libera (ma con riserva) dal Consiglio di Stato al correttivo appalti

Il Decreto correttivo del nuovo codice dei contratti pubblici incassa il parere del Consiglio di Stato. Lo schema di correttivo modifica 119 dei 220 articoli del codice e interviene dopo solo un anno; mentre il codice non è stato ancora completato con tutti gli atti attuativi previsti, pari a 53 (ad oggi, ne sono stati varati 11 espressamente previsti dal codice, e 4 non espressamente previsti, e sono in corso di adozione altri 9 atti attuativi). Il Consiglio di Stato, oltre a rendere il parere sull’originario schema di codice, ha reso sinora, altri 16 pareri sui vari atti attuativi.

Il parere individua anzitutto i limiti formali e sostanziali del potere correttivo:

  • il mancato recepimento di una parte della delega entro il termine di scadenza consuma definitivamente il relativo potere, e tale mancato esercizio non può essere recuperato in sede di adozione di decreti correttivi;
  • con il correttivo sono consentite “integrazioni e correzioni” (anche rilevanti), a seguito di un periodo di “sperimentazione applicativa”;
  • lo strumento del correttivo non può costituire una sorta di ‘nuova riforma’, pur rispettosa della delega originaria, che modifichi le scelte di fondo operate in sede di primo esercizio della delega, attuando un’opzione di intervento radicalmente diversa da quella del decreto legislativo oggetto di correzione.

Gli interventi correttivi ed integrativi richiesti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 possono essere classificati in quattro categorie principali.

  • eliminazione di refusi ed errori materiali;
  • coordinamento “esterno” del codice appalti con altri ambiti normativi, e implementazione delle abrogazioni espresse di fonti normative non più attuali;
  • eliminazione di errori formali e sostanziali di recepimento delle direttive europee e di attuazione della legge delega;
  • rimedio a difficoltà insorte nella prima applicazione dei nuovi istituti, come emerso dalle audizioni, dal dibattito dottrinale e dalla prima giurisprudenza.

L’ultimo obiettivo non può essere pienamente centrato dallo schema di correttivo del codice appalti in esame. Infatti, non essendo stato completato il quadro degli atti attuativi - si legge nel comunicato ufficiale - una buona parte del codice non ha ancora avuto pratica applicazione, e non è stato possibile cogliere a pieno le criticità applicative da correggere. Questo limite si coglie nella scheda VIR (verifica di impatto della regolazione) che appare spesso lacunosa perché non analizza le criticità applicative sulla base di un lasso temporale e dati statistici sufficienti.

L’obiettivo non viene centrato anche perché il correttivo interviene dopo un periodo troppo breve di applicazione delle nuove regole: le leggi possono essere corrette solo dopo un congruo periodo di applicazione, che deve essere almeno di due anni. Il Consiglio di Stato auspica – si legge nel parere – che il Parlamento possa portare a due anni il termine, ora annuale, per le correzioni del codice. Allo stato, essendo previsto un unico decreto correttivo, esso è anche l’occasione unica per apportare tutte le modifiche necessarie per la migliore riuscita della riforma. Il Consiglio di Stato auspica poi che la legislazione sugli appalti pubblici abbia maggiore stabilità e non venga di continuo modificata, come la precedente (cambiata oltre 50 volte), perché il settore ha bisogno di regole chiare e certe.

 

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